Sono in treno. Destinazione Milano. IPhone scarico. Unica presa disponibile al bagno.
Sono rinchiusa qui da circa 15 minuti. Cosí comincia la mia fashion week.
Sempre più convinta che la mia vita sia un film.
#mfw – parte I (Come poteva andare bene no? Ma vi racconterò)
Arriva un punto in cui sei nauseato da chi ti circonda.
Nonostante tutto.
Pensiero delle 19.26.
Noi donne saremmo state più felici se Madre Natura avesse donato a tutte
il fondoschiena di Beyonce. O di Jennifer Lopez.
La giornata è iniziata con un thè caldo al limone. Una tazza con la pecora nera, che fa tanto “mood of the day”.
Il mio. E la mancanza di serenità dopo una nottata di studio di cui non ricordo assolutamente niente. Il nulla.
Del resto, perchè prendersela? Sto parlando con un uomo.
Quella specie di bipede che riesce, nonostante circa
Per giunta, senza alzare la tavoletta.
Una studia tanto, fa l’università, una laurea in Lettere, un master, cerca di diventare giornalista (pubblicista, lo specifico… non sia mai). E poi ci pensa l’iphone con la correzione automatica a farti sembrare un’analfabeta.
– Rivoglio la carta e la penna. I francobolli o i piccioni viaggiatori –
Quando alla lettura del messaggio compare un “vb” e ti chiedi “Che caspita significherà?” (per la cronaca “va bene”), quando quelli che (solo tu) vedi ancora come coetanei ti cominciano a dare del Lei, quando alla cassa del supermercato ti chiedono “Ha la tessera signora per gli sconti?” e tu gli rispondi con uno sguardo che intimorirebbe anche Mike Tyson – ma con la stessa intenzione di staccagli l’orecchio a quella cassiera là – “Signora? Signorina prego” , giri le spalle offesa e te ne vai lasciando la spesa là. C’è solo una cosa da fare: abbandonare i sogni di gloria di un’adolescenza infinita. E cominciare a mettersi nella testa che forse sarà anche l’ora un po’ di crescere.
Forse però.
La smemoranda rigorosamente bianca o nera con i dettagli rosa, i capelli scompigliati in una cipolla, l’iPod che contiene le canzoni dell’estate. La pioggia che in questa mattina rappresenta un po’ l’umore. Nero. Il jeans strappato e la t shirt, la prima trovata nell’armadio. Il quaderno a quadretti, quelli più piccoli, e la penna. Dove diamine l’avrò messa? Rivedere i compagni di classe, quei volti che ti accompagneranno per 9 mesi. Un parto. “Ma tu i libri di letteratura li hai letti?”. La risposta? “NO. Ma sei matto? Ho scaricato la trama da Google”. La gara a chi arriva prima per prendersi l’ultimo banco della fila e per costringere il secchione a posizionarsi su quello davanti. E chi, invece, è in ritardo. Senza fretta, con la calma di chi ha poche certezze nella vita. Come quell’insufficienza a latino che tanto non gliela toglie nessuno. Neanche un compito passato. E poi c’è altro a cui pensare: programmare già autogestioni, scioperi ed occupazioni. Qui si lavora sodo.
Il ritorno a scuola.
– Cambieranno pure i tempi, ma il primo giorno è uguale per tutti.
Nei secoli dei secoli. Amen.
2 Commenti
bellissime parole! un abbraccio http://www.redhead-blondie.blogspot.com
Che bello questo post, mi è piaciuto un sacco!
Alessia
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